Accadde oggi 12 gennaio

12.01.2019 13:55

TERRORE E MORTE SUL PENDOLINO

LA PARTENZA 12,55 L' Etr 460 denominato 'Botticelli' parte dalla stazione Centrale di Milano è diretto a Roma-Termini (arrivo previsto alle 17,30). A bordo ci sono circa 200 persone tra le quali l' ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga e 2 parlamentari L' IMPREVISTO 13,20 Poco prima della stazione di Piacernza il Pendolino rallenta e si ferma, qualcuno spiega che si tratta di una porta rimasta aperta.
Passa qualche minuto e il convoglio riprende il cammino sembra non ci siano problemi.
IL DISASTRO 13,26 In prossimità della stazione di Piacenza (a quasi 400 metri) appena superato un lungo cavalcavia la motrice s' impenna, si rovescia e finisce la sua corsa contro il traliccio altri 4 vagoni la seguono, 2 deragliano ma restano in piedi 2 rimangono sui binari.
LA COLLISIONE MANCATA 13,32 A quest' ora è previsto il passaggio del Pendolino in direzione opposta. I soccorsi sono rapidissimi ed efficaci, lo dicono i passeggeri. Ma ci vogliono ore e ore per recuperare i corpi delle 8 persone rimaste incastrate.
PIACENZA - Il treno è piombato da sotto il ponte come un' onda impazzita. Con un boato si è impennato proprio mentre i binari fanno una curva a sinistra, è ricaduto con tutta la sua forza, è volato via, ha travolto gli immensi piloni di ferro lì accanto. Uno, due... dieci.
Vagoni e passeggeri sono andati a pezzi. Otto morti, una trentina di feriti, fra scintille e schianti. Poi un silenzio infernale. L' Italia dei treni e delle stazioni tagliata in due. La strage del Pendolino si è consumata così, mentre su Piacenza scendeva una nebbia piena di smog. L' Etr 460, il Botticelli, ha deragliato alle 13.26 di ieri proprio all' ingresso della stazione. Veniva da Milano, sarebbe dovuto arrivare a Roma. Si è fermato accartocciato fra binari schiantati e una neve nera su cui è spuntato il sangue di gente che tornava a casa o verso un lavoro lontano, in una domenica tranquilla.
Sono morti i due macchinisti, due agenti della polizia ferroviaria, altre quattro persone che viaggiavano nelle prime due vetture. Di una di loro si è saputo il nome, degli altri tre (due donne e un uomo) era difficile ricostruire i corpi. Per due ore e mezza i vigili del fuoco hanno lavorato a liberare gente, a recuperare cadaveri. La locomotiva, che si era aperta come una scatola contro un palo è stata squarciata del tutto dai vigili per estrarre i corpi maciullati dei macchinisti. C' era anche l' ex presidente Francesco Cossiga sul treno, il 9415: lui e la sua scorta si sono salvati perché dalla seconda carrozza si erano appena spostati in quella ristorante, la quinta pure lei deragliata. Solo la nona, l' ultima, è rimasta sui binari. L' ottava è finita dentro la settima, le altre si sono accatastate in un groviglio. "Sembrava di essere in un frullatore.
Volavamo" hanno raccontato gli scampati, feriti deposti sui tavoloni del deposito locomotive tramutato in prima infermeria. Strage ma sarebbe potuto essere un massacro immenso. C' erano 200 persone.
Questo orgoglio ferroviario grigio e rosso disegnato da Giugiaro è diventato un mostro d' acciaio proprio un paio di metri fuori dal cavalcavia che attraversa i binari e unisce l' uscita dall' autostrada e il centro della città. Macchine in corsa di sopra, colossali colonne di cemento armato quasi a sfiorare i treni che corrono di sotto. Un impatto sarebbe stato un terremoto. La nona carrozza ha ancora la coda, in questo monumento alla morte, che ci vorrebbe un paio di giorni a spostare, ai margini del cavalcavia. I binari storti, schiacciati, serpenti feriti anche nella linea accanto, mentre cominciano gli scambi, partono da una decina di metri dopo il ponte. E un paio di centinaia di metri prima l' Etr aveva attraversato il ponte di ferro sul Po a 100 chilometri all' ora.
Quale disastro sarebbe potuto essere è meglio non pensarlo. Ancora: a 200 chilometri orari a Piacenza sarebbe arrivato un gemello del mostro, il Pendolino da Roma. Lo attendevano per le 13.32, si sarebbero incrociati, binario fianco di binario, un paio di minuti dopo. Non è finita. La stazione era a 300 metri, con la gente sulle pensiline e un convoglio per Alessandria in partenza alle 13.40. Sul binario settimo, l' Etr era atteso al solito sul quarto. I posti prenotati a Milano erano 157, gli altri cinquanta passeggeri si erano fermati nei vagoni di coda per fare il biglietto. A Piacenza il controllore era arrivato alla quinta carrozza. Cosa è accaduto? Non si sa. Hanno recuperato la 'scatola nera' : da lì arriveranno delle risposte. Pochi minuti dopo la partenza, ha raccontato un passeggero, Francesco Moretto, l' Etr si era fermato. Perché? C' era una porta aperta: hanno dovuto provvedere e poi ripartire. "Ero fra il quarto e il quinto vagone, stavo andando al ristorante, ho visto lo sportello spalancato - ha detto Moretto - Dopo poco abbiamo sentito un immenso scossone e io mi sono trovato addosso a Cossiga. Era bianco in viso, ci hanno tirato fuori quasi subito rompendo i vetri. Il personale è stato favoloso. Giù ci siamo messi tutti noi scampati a chiamare a casa con i telefonini". Quasi subito esplodevano le polemiche. Un sindacalista, Carlo Salucco, ha parlato di "negligenza" delle Ferrovie. "I dipendenti l' hanno più volte segnalato, se il meccanismo di riduzione della velocità fosse stato a un chilometro e mezzo più a nord, il treno si sarebbe fermato da solo anche se i macchinisti avessero sbagliato". "E i due che erano sull' Etr erano molto esperti" rincara da Firenze Ezio Gallori, leader storico del Comitato macchinisti uniti. "Io li conoscevo bene". In serata una nota ufficiosa uscita dalla direzione delle Ferrovie, a Roma, escludeva "In maniera categorica che causa dell' incidente sia un cedimento della linea". "Nessuno - dicono le Fs - può stabilire a quale velocità l' Etr andasse. Lo si potrà sapere solo dalla zona tachimetrica, la scatola nera che era nel locomotore". In mezzo ai binari dove campeggiavano solo i rottami e il rimestio dei soccorritori, un macchinista di Piacenza raccontava che i Pendolini riducono la velocità prima del ponte, scendendo attorno ai 100, poi in curva arrivano ai 92 e a questa velocità schizzano via da Piacenza. Attorno colleghi confermavano, tutti fermi nel non dire il nome, in un clima tesissimo con tutta la zona che veniva circondata per oltre un chilometro quadrato da carabinieri, poliziotti, soldati che impedivano a qualsiasi "estraneo" di avvicinarsi. Arrivavano il ministro dell' industria Bersani che era a casa a Piacenza, quello dei trasporti Burlando da Genova, Prodi da Bologna. E circolavano ipotesi, rimbalzavano. Un sasso lanciato dal cavalcavia? Il Pendolino colpito non sarebbe comunque deragliato, spiegano i ferrovieri. Un intralcio sulla strada ferrata? "Gli indicatori da terra indicano se qualcosa, specie di metallo, tocca tutti e due i binari. I sassi e i suicidi si vedono solo ed eventualmente dal locomotore... ma anche così non si dovrebbe deragliare". Eppure nel '78 un treno sulla Bologna-Firenze saltò, con decine di morti, per un mucchio di terra.
Sono stati i due macchinisti del treno per Alessandria i primi a correre verso l' Etr. "Eravamo sulla pensilina, abbiamo sentito come un tuono, abbiamo visto il Pendolino impazzire, il muso alzarsi. Ci siamo buttati a terra per istinto. Poi siamo corsi. La massicciata era seminata di pezzi di corpi umani, uno non aveva la testa. Abbiamo guardato dentro i vagoni rovesciati, nessuno si muoveva, parlava.
Abbiamo urlato, bussato per capire se erano vivi, qualcuno ha risposto, abbiamo cominciato a tirare sassi contro i vetri. Abbiamo anche cercato di liberare i due macchinisti, ma non ci siamo riusciti". Per Lidio De Santis, 55 anni, e Pasquale Sorbo, 46, ci sono volute le fiamme ossidriche. "Sotto un vagone c' erano i cadaveri di due poliziotti" racconta un pompiere. Gli agenti si chiamavano Francesco Ardito e Gaetano Morgese. Ragazzi che abitavano nella caserma della Polizia di Milano che ora gli sarà dedicata.
Nella sala controllo della stazione quando l' Etr è piombato in stazione tutti i comandi sono saltati, le luci si sono spente.
"Abbiamo pensato si fosse guastata una centralina" racconta Antonino Interdornato, il responsabile. Più in là due ferrovieri, Leonardo Martorano e Salvatore Marullo, sono terrei. "Abbiamo visto i fili della linea ballare. Siamo corsi. Un portellone era aperto. Dentro abbiamo subito trovato un cadavere. Era tagliato in due".

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